sabato 26 aprile 2008



Ho ricevuto una mail,lo scorso Giovedi.
Putroppo sono stato piuttosto impegnato in questi giorni(lo dico per darmi un tono più che altro) e ho avuto la possibilità di leggerla solo ora.Non che fosse di particolare importanza la data,però sarebbe stato significativo inserirla per il 25 Aprile...Ma va bè,non è certo quello il punto.

Il mio articolo su Aldo Bianzino,pur banale e senza pretese che fosse,ha comunque mosso la coscienza di chiunque...ne abbia una insomma,facendo ricordare la vicenda che pure in molti ovviamente conoscevano già.

Sono stato sinceramente onorato quando poco fa ho letto la mail di una giornalista nostra compaesana(già più volte citata nelle vecchie vicende "legali" del blog) che,a parte dei complimenti al blog che mi tengo tutti per me(per farmici lo splendido con amici e parenti),mi ha inviato l'articolo che lei stessa aveva scritto ,dopo la visita in casa Bianzino quando la vicenda era ancora calda...

Senza voler aggiungere altro e senza voler eroizzare nessuno...Di seguito riporto l'articolo.Aggiungo solamente che però,se proprio dovessi sceglierlo un eroe,preferisco Aldo Bianzino a Silvano Mangano.

Pure la foto iniziale mi è stata mandata da Cristina.
In quella foto Aldo sta suonando l'harmonium(e qui serve wikipedia).
Sembra di riuscire a capire l'armonia di questa persona solo guardando quella foto.

Ad ogni modo,grazie Cristina

CASA BIANZINO, ottobre 2007

DI CRISTINA CRISCI

PIETRALUNGA _ C’è un’atmosfera irreale attorno alla casa dove Aldo e Roberta avevano scelto di vivere assieme al loro splendido figlio, 14 anni ed un paio d’occhi celesti come l’acqua del mare. C’è un’atmosfera irreale perché chi arriva lì deve percorrere talmente tanta strada ed attraversare un boschetto e superare un vecchio rudere per poi infilarsi in una stradina che a guardarci meglio nemmeno si vede bene. A quel punto, ma solo lì, arrivano un gruppo di cani, tutti mansueti: un meticcio grande «che _ dice Roberta _ abbaia solo alla sua stessa ombra» e tre piccoli chihuaha tra cui Rubino che, a dispetto del colore, è nero come la pece. Cercano carezze che nessuno gli nega. Di fronte al casolare c’è un gazebo coi tavolini di legno, uno stagno coi pesci rossi, un vecchio albero di fico con le palline di Natale appese ai rami. Note di colore a delineare una vita che per scelta è stata immersa tra quelle colline che si inseguono in un moto perpetuo dove intorno è solo verde, alberi e cielo. Da lì Città di Castello sembra lontano anni luce. Invece siamo solo a 40 minuti di macchina, salvo errori di percorso che sono praticamente impossibili da evitare. A piano terra, proprio di fronte al gazebo c’è una porta che Roberta apre per prima: là dentro Aldo, il suo Aldino lavorava il legno. Ha il fascino di una bottega artigiana: gli attrezzi, l’odore del legno appena tagliato ed una porta rossa abbandonata sopra il tavolo da lavoro che doveva essere aggiustata, ma rimarrà incompiuta. Rotta per sempre. Come i sogni di questa famiglia che è cresciuta insieme nel casolare di recente ristrutturazione. Niente di stratosferico: grande ma non troppo, bello ma non opulento, modesto nella semplicità delle cose che lo animano. La cucina con i tegami, la tenda bianca, il divano chiaro, la credenza con i messaggi appesi e scritti dalla mano tremolante di un bambino, la televisione, una stufa per scaldare, due acquari coi pesci, le videocassette dei Simpson e tanto odore di India. Saranno le foto disposte qua e là come collage di viaggi ripetuti, tutti insieme in quella terra dove il mare è splendido e dove si parla la lingua del silenzio. O forse saranno le persone che lì dentro ci hanno abitato. No, però il tempo non si è fermato a prima della tragedia. Qua tutto è andato avanti, il dolore si è insinuato e quell’eremo di tranquillità non è più solo sorriso, sebbene in nessuno dei familiari di Aldo trapela mai quella rabbia cattiva che può spuntare quando succedono cose come questa. «Ma la voglia di giustizia, quella sì»: lo ribadisce Roberta che non ce la fa a rassegnarsi all’idea che «chi ha commesso questo reato possa restare impunito. Allora sarebbe un incubo più terribile di quello che già stiamo vivendo». Con lei e col figlio, dal giorno della morte di Aldo c’è spesso anche Daniela, un’amica di famiglia che non abbandona mai questa casa. «Più che una vicina di casa _ dice lei _ sono quella meno lontana» e indica con la mano il tetto della sua abitazione tre o quattro colline più avanti (praticamente a 20 minuti di auto). L’idea di una comunità religiosa hindu o arancione o babajista tutta appiccicata non è proprio corrispondente alla realtà. Di veramente strano c’è solo una cosa: la morte in carcere di questo uomo di 44 anni, che fino a due settimane fa viveva qui dove tutti lo apprezzavano, dove tutti di lui serbano un ricordo che è di tranquillità. Suonava l’armonium, giocava con suo figlio come fa qualsiasi altro tenero papà. Nelle foto di famiglia si fa ritrarre sempre col bimbo in braccio, a scherzare sulla neve, a fare il bagno insieme, a guidare l’automobile. Nessuno lo ha più visto: «Non ce lo hanno fatto mai vedere da quando è morto _ dicono insieme Roberta e Daniela _ è un’attesa lunga ed estenuante, ma se questo può servire per la verità è un sacrificio che si può fare». Sulla morte di Bianzino la procura di Perugia ha aperto un fascicolo per omicidio a carico di ignoti. Gli accertamenti della squadra mobile della questura perugina sono coordinati dal procuratore Nicola Miriano e dal sostituto Giuseppe Petrazzini. Il pm ieri l’altro si è incontrato con Roberta: «Abbiamo parlato a lungo _ racconta _ io gli ho detto le cose che ritenevo giusto dire ed ho risposto a tutte le sue domande, ma ho paura che sia difficile arrivare a scoprire la verità». A fare eco alle speranze di una figlia segnata dal dolore, è Sabina, madre di Roberta: capelli lunghi, un’eleganza innata racchiusa nelle origini non proprio popolari. «Speriamo che invece sia fatta luce su quanto accaduto in carcere _ continua l’anziana mamma _ Aldo era buonissimo con tutti, disponibile ad aiutare chiunque ne avesse bisogno. Pensi che era lui a passarmi la tinta per i capelli…».

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Vedo con dispiacere che quando uno cerca di parlare di cose serie i commenti e la partecipazione spariscono. Purtroppo la gente vuole solo le cazzate, quello che abbiamo è quello che ci meritiamo.
Hurrà

Anonimo ha detto...

non devi dispiacerti, purtroppo nn c'è molto da commentare...e poi di fronte ad un argomento così serio fare dei commenti può risultare banale...

quello che personalmente posso dire è che ho provato orrore a leggere la vicenda (l'idea che nei carceri possano succedere cose simili mi fa rabbrividere)

allo stesso modo ho provato orrore e dispiacere a vedere che certe persone strumentalizzino la vicenda di aldo. sono andato nel sito www.veritaperaldo.noblogs.org (che era stato segnalato nel primo articolo) e sebbene nn l'abbia visto tutto, ho potuto vedere come certe PERSONE VISCIDE usino la vicenda di aldo come mezzo per parlare del proibizionismo e lanciare i loro appeli antiproibizionismo...dico solo una parola VERGOGNATEVI.state usando la vita di uomo per i vostri fini!

Anonimo ha detto...

Se coltivare canapa indiana è illegale è giusto che uno sconta la pena,non come p successo a lui ma è giusta la galera!!l'unica cosa per cui dovremmo batterci è che per spaccio di droga si resta in carce anche gli anni,ma per aver ucciso un uomo si ese dopo qualche mese...

Anonimo ha detto...

visto che siamo in tema di affrontare argomenti seri, sarebbe interessante un post sulla raccolta differenziata.

qualcuno ha avanzato dubbi sulla reale regolarità dello smaltimento dei rifiuti nella nostra zona, sebbene non si possano fare congetture, sarebbe interessante saperne di più, il problema è che reperire le info è un impresa e se scrivi al comune chiedendo info nn ti rispondono!!

Anonimo ha detto...

io sn stata alla manifestazione fatta x Aldo alcuni giorni dopo la sua morte.. devo dire k x fortuna c'erano un sacco di persone pronte a fare giustizia x Aldo e la sua famiglia... ho parlato kn il figlio e devo dire k si vede quanto amore gli è stato trasmesso dalla famiglia... cmq resta il fatto k il carcere dovrebbe essere un luogo di riformazione.. e se a me dovessero cercare di mettermi in riga kn la violenza nn risolverebbero nulla.. ma penso k ogni persona kn un minimo di buon senso la penserebbe km me... cmq l'articolo è semplicemente stupendo... sembra quasi di vedere quella casa....

Anonimo ha detto...

Una pignoleria: in realtà il Mangano citato si chiamava Vittorio e non Silvano.
Senza fare politica, credo che un Presidente del consiglio che ha come eroe un condannato per estorsione, omicidio ed associazione mafiosa si commenti da sè... E non c'entra essere di dx o di sx.

Anonimo ha detto...

eleninareds ma vaffanculo il solito perbenismo del cazzo per una canna si deve andare in galera che poco più di una sigaretta....La vera droga è ben altro xchè di canna nn è morto mai nessuno

Anonimo ha detto...

eleninareds ma vaffanculo il solito perbenismo del cazzo per una canna si deve andare in galera che poco più di una sigaretta....La vera droga è ben altro xchè di canna nn è morto mai nessuno

è PER COLPA DEL PERMESSIVISMO DELLA GENTE COME TE CHE IL PAESE VA A ROTOLI E SI FANNO LEGGI COME L'INDULTO...